Chiunque abbia dato forma e identità alla “manina” di cui si parla in questi giorni è un genio indiscusso. In meno di 24 ore qualcuno di un “concetto astratto” gli ha dato una forma, un’immagine e lo ha pubblicamente reso, a tutti gli effetti un nuovo, ironico e innovativo “personaggio”. Tale “personaggio” oggi occupa la pletora delle statuine in vendita nella famosa via San Gregorio Armeno, a Napoli, volte ad arricchire il presepe natalizio con l’intento (del genio) di farne un gadget per un vero e proprio Business!
Ieri sera con amici abbiamo immediatamente verificato sul WEB se si potesse acquistare il gadget: ahimè non è presente. Probabilmente i napoletani al momento sono focalizzati sul business locale, sui colli da produrre in tempi rapidi in relazione alla domanda da soddisfare con urgenza per l’arrivo, quasi imminente, del Natale che farà loro incrementare le vendite. Immagino abbiano momentaneamente accantonato l’idea di pensare a numeri più grandi e a “esportare” al nord (o all’estero) la “manina”: questione di giorni, ipotizzo (e spero!).
Dalla mia esperienza decennale rilevo che su tutti i tavoli aziendali ci si confronta inevitabilmente sul tema dell’ innovazione per spingere la crescita economica, l’innovazione per generare il cambiamento, l’innovazione per anticipare il cambiamento e così via.
Questo episodio della “manina” a cui è stata data forma e identità in pochissime ore, mi fa immediatamente riflettere su quanto gli italiani tutti siano creativi, pionieri di ipotesi che li han portati sul rogo come Giordano Bruno, flessibili nonostante le difficoltà e dotati di intuito e genialità.
Invito il lettore a pensare a Galileo Galilei, a Leonardo Da Vinci precursore di mille prototipi di macchine realizzate nei secoli successivi. E ancora se immaginiamo a tutta la produzione artistica di pittura e scultura da Botticelli, Perugino, il Bramante, il magnifico Caravaggio che amo e ancora Michelangelo, Canova per arrivare al mito di Dante Alighieri e a tutti i poeti che si sono succeduti nei secoli e i grandissimi musicisti, architetti e scrittori.
Citare tutti gli artisti italiani sarebbe un’impresa assai ardua. Con discreta umiltà desidero invece porre l’attenzione sul dato oggettivo che l’italiano incarna: la creatività.
La domanda è: quanto ci permettono e ci permettiamo e legittimiamo di utilizzare la nostra creatività?
A distanza di 10 anni ho ancora impressa una sessione di coaching ove una persona mi raccontava che aveva smesso di offrire il suo contributo poiché il feedback era sempre di “impossibilità di realizzare le sue idee” per mancanza di soldi, tempo, altri alibi, etc. La cliente – vincitrice gli anni prima di un premio sull’innovazione – aveva così deciso di rinunciare a condividere le sue intuizioni visionarie. Solo dopo essersi convinta che avrebbe potuto fare la differenza e dare nuovo slancio, fiducia e portare altra e nuova innovazione tecnica all’azienda, si era rimessa in gioco riacquistando fiducia in sé stessa e ottenendo risultati di Business eccellenti (nonostante il periodo storico economico sfidante!).
Per utilizzare la creatività e esporsi in quanto esseri umani normali e vulnerabili, occorre coraggio e andare oltre il timore dei pregiudizi che possono giungere da colleghi, capi oppure situazioni contingenti.
Quanti di Voi lo fanno davvero? Quanti in riunione vorrebbero dire: “Ah, sai ho un’idea pazzesca, io farei così…. e poi non lo fanno?”
Quanti capi castrano le idee ancor prima di ascoltarle? Oppure non le promuovono o le fanno loro? o ancor peggio si proclamano i detentori della verità e blaterano “qui si fa come dico io” inficiando uno scambio proficuo che può moltiplicare pensiero creativo e innovazione?
In sintesi, in relazione alle Risorse, ho notato due tipi di comportamenti che si ripetono nelle aziende:
– Risorse dotate con tante idee che si confrontano e che se ne infischiano dei pregiudizi dei detrattori.
– Risorse superdotate con tante idee innovative che temono il confronto e che subiscono i pregiudizi dei detrattori e rinunciano al funzionale sharing.
Che fanno i capi?
La prima riflessione è quella di invitare i CEO, o i responsabili di qualsiasi BU di creare un clima ove le Risorse si sentano legittimate a poter esprimere la loro idea creativa. Attivarsi per fare in modo di rendere le persone sicure di sé stesse nel permettersi di offrire il loro contributo. Questo tema, che a una prima lettura può sembrare scontato, è nella sostanza un tema di coaching delicatissimo che riguarda “quantità e qualità” di fiducia che le Risorse hanno in loro stesse. In altre parole riguarda la loro autostima.
Tema che affronto regolarmente durante i percorsi di Coaching. Un tema che non va affatto preso sottogamba, anzi, andrebbe tenuto in ampia considerazione dai Direttori HR, dai CEO e dai Direttori Sales che hanno bisogno di idee e proposte strategiche disruptive.
L’essere disruptive è proporzionale a quanto ci si apre in generale, a quanto si ha e si da fiducia a:
– sé stessi
– al nuovo / alle novità / al cambiamento
– una chiara, efficace e tempestiva execution
L’idea creativa senza l’execution rimane una favolosa idea senza forma, senza identità, senza personalità.
L’invito è di ricordarci che il popolo italiano gode del talento naturale della creatività, della fantasiosità e di intuito straordinario.
Caro lettore, ricorda che il gadget della “manina” è stato realizzato in meno di 24 ore. Il genio che ha fatto tutto ciò, chiunque egli sia, ha la mia stima, il mio rispetto e ravviva il mio orgoglio di essere italiana!
Usa la tua creatività, condividila e sentiti legittimato/a a manifestarla in qualsiasi forma e in ogni dove con entusiasmo, etica, spirito imprenditoriale e visionario. Nelle Aziende, per esempio, prendendo la lead e con grinta affermando il tuo disruptive punto di vista.
Ad Maiora